Paese
d’ombre –
Giuseppe Dessì – Ilisso –
Pagg. 360 – ISBN 9788885098794
- € 11,00
LASCITO
È
un libro d’amore, fondamentalmente d’amore.
L’amore
è quello di Giuseppe Dessì per Villacidro, il paese
dietro il quale si cela il toponimo Norbio. È l’amore
dell’autore per la sua terra e per la sua storia misto ad un
disappunto che inframmezza lo scritto con severi rimproveri ad una
certa sardità, quella fatta di rassegnazione passiva rispetto
ad un destino di popolo colonizzato.
Sardegna,
colonia d’Italia; Sardegna, terra da sfruttare; Sardegna, eterno
fanalino di coda.
Eppure
traspare in tutto lo scritto la necessità impellente di credere in
un futuro migliore per la sua terra. Ripercorrendone la storia a
cavallo dei secoli XIX e il XX ,si assiste ad
una “focalizzazione sarda” della storia nazionale e di alcuni
scenari internazionali che irrompono in una terra magicamente statica
in balia di un destino severo, cupo, disgraziato ed ineluttabile.
Chi
può dunque garantire quel messaggio di speranza?
È
il piccolo Angelo Uras che sia affaccia alla vita e al
cancelletto di legno di Don Francesco Fulghieri. È orfano di
padre, povero, legatissimo alla madre Sofia. Diventerà il
destinatario di un’immensa fortuna: possedimenti, terre, frutteti e
oliveti che gli garantiranno un’insperata mobilità sociale . Il
romanzo narra di lui, l’homo novus, il contadino povero, il
povero che ha uno spirito grande, un’intelligenza viva, una
sensibilità d’animo che nessun rango può eguagliare. Viene
spontaneo crescere con lui, amare, soffrire, evolversi in un’empatia
continua che ogni evento nodale riesce a suscitare destando viva
commozione grazie all’uso sapiente di una prosa che va dritta al
cuore.
I
numerosi pregi del romanzo non sono però solo riconducibili
all’impianto narrativo, alla trama, allo stile intriso di forte
soggettivismo. Il testo oltre ad avere il pregio di rappresentare un
messaggio di speranza, pienamente avallato dalla bellissima frase
finale, ha il potere di restituire un vissuto che ancora perdura.
Scrive chi vede una mamma ancora oggi segnarsi, dopo uno spavento
umettandosi la gola con un dito bagnato di saliva, chi sente il
proprio genitore rispondere al telefono con un “Commandi” se
all’altro capo c’è una persona che viene percepita
importante o tante altre piccole sfumature culturali che ancora
resistono nel tempo.
Oggi la
modernità ha cambiato l’aspetto del paese, un mantello orripilante
per alcuni versi lo ha tradito camuffandolo di intonaco, la storia ha
inflitto nuove violenze ma non ha modificato il ciclo della vita né
lo ha incrinato. Prosegue inesorabile in altri destini percorrendo
nuove traiettorie storiche, sociali, culturali, consapevole di un
tempo che fu.
Dessì è
riuscito a restituirci il nostro passato dosando storia e fantasia,
rappresentando l’anima di un territorio che amava profondamente,
consegnandocelo in dono come solo un padre può fare. Un’opera per
soli sardi? Affatto! Un’opera per tutti perché “ogni punto
dell’universo è anche il centro dell’universo”(introduzione
a I
passeri,
1955): uguale è la vita, l’amore, la morte.
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