La
scomparsa di Davide Azeri
di
Renzo Montagnoli
Era
uno di quei giorni d’estate dalla calura asfissiante, che nelle
prime ore del pomeriggio diventa un vero e proprio inferno, tanto che
se lo sguardo volge al di là di qualche metro, si può scorgere
nitidamente un tremolio dell’aria che, riscaldata, si leva da
terra, per poi ricadere affranta, vinta da un sole che non è calore,
ma fiamma viva. In queste condizioni, se non era proprio necessario,
non si usciva, si stava rintanati in casa, le imposte chiuse per
ripararsi dalla luce abbagliante, madidi di sudore, sprofondati in
poltrona o appollaiati su una sedia, limitando i movimenti a un
frequente vai e vieni verso il bagno in cui andare a bagnare i polsi,
la fronte e la nuca.
Davide
Azeri, noto avvocato di una cinquantina d’anni, si sforzava di
leggere il giornale, dopo il breve e frugale pasto consumato, senza
appetito, assillato com’era da un leggero senso di nausea dovuto a
quella temperatura insopportabile. Fece per prendere una sigaretta
dal pacchetto, ma si accorse che era vuoto. “Giulia, ho finito le
sigarette; me ne puoi dare?” “Davide, lo sai che non fumo più da
sei mesi e pertanto non ne ho.”
Gli
venne un moto di stizza, gettò il giornale a terra e volse gli occhi
al soffitto, dove un ragnetto e una mosca si fronteggiavano. Li
vedeva e non li vedeva, nel senso che il suo sguardo rifuggiva da
quella realtà, tanto che provava a immaginarsi la bella spiaggia in
Sicilia dove era stato una decina di anni prima, o anche le cime
innevate della Valle d’Aosta dove ogni anno con la moglie
trascorreva una settimana in inverno. Rimase assorto così per una
decina di minuti, poi si alzò e disse alla moglie: “Esco a
prenderle”. “Con questo caldo?” “Sono due passi, non mi
cambio nemmeno, resto in ciabatte e pantaloncini.” “Va bene,
contento tu...”
Uscì.
Passò
una mezzora, un’ora, un’altra ancora e non tornava. Giulia
cominciò a preoccuparsi e allora decise di uscire e fare un salto
dal tabaccaio.
Apprese
così che lì non era mai arrivato; trafelata ripercorse il breve
tragitto più volte, guardò oltre la siepe con il respiro affannato
per vedere se magari, colto da malore, si trovasse lì. Tutto
inutile. Disperata chiese aiuto ai vicini, fu avvisata polizia; le
ricerche iniziarono subito, anche con l’aiuto dei cani. Decine di
uomini, fra cui molti volontari, si offrirono e così fu battuto
tutto il territorio comunale, palmo a palmo, senza risultati però.
Un ispettore di polizia balenò a Giulia l’ipotesi di un
allontanamento volontario: “Sa, signora, a volte gli uomini,
arrivati a una certa età, vorrebbero sentirsi ancora giovani e si
trovano un’amante, con cui fuggono. É solo un’ipotesi, ma non la
escluderei. Vede, la scusa delle sigarette é tipica in questi casi.
Ha mai notato signora un cambiamento del carattere in questi ultimi
tempi?” Giulia stava zitta, ma negava con il capo, cancellandosi
dalla mente quell’ipotesi assai improbabile. Cercavo di
immaginarselo arrembante con un’altra donna, lui che aveva appeso
l’arnese al chiodo da almeno un lustro, tutto casa e lavoro; no,
era del tutto impossibile, ma allora, dov’era? La gente cominciava
ad andarsene, la polizia le disse che avrebbero ulteriormente esteso
le ricerche ad aree più lontane, ma lei quasi non sentiva; affranta,
accaldata, se ne stava seduta in un angolo della sala, incapace di
dare una minima risposta a quella domanda. Era come intontita e aveva
sete, una gran sete; aprì la porta del frigorifero, ma di bibite
fresche non ce n’erano. Si ricordò allora che nel garage c’erano
un paio di lattine d’aranciata e disse fra sé che sempre liquido
erano, anche se calde. Entrò dalla porta secondaria e accese la
luce: la rimessa era in buona parte occupata dalla grossa Mercedes, a
cui gettò uno sguardo per via di quel color crema che proprio non le
piaceva. Fece per prendere le lattine, ma si fermò di colpo, perché
qualche cosa l’aveva colpita in quell’occhiata al colore
dell’auto, qualcosa che non era fuori, ma dentro. Il cuore prese a
batterle forte, si avvicinò, apri la porta anteriore sinistra
e...”Davide!Davide!”, un urlo che le si strozzò in gola. Seduto,
riverso sul volante, giaceva il corpo senza vita dello scomparso. Il
medico, che stilò il certificato di morte, scrisse deceduto per
infarto. Si tentò di ricostruire come si erano svolti i fatti:
Davide Azeri era uscito con l’intenzione di andare a piedi, ma il
caldo l’aveva dissuaso e allora aveva pensato di andare in auto;
era così rientrato senza che la moglie se ne accorgesse –
probabilmente era andata in bagno a rinfrescarsi i polsi - , era
andato in garage e, salito sull’auto, era stato colto dal fatale
malore.
Durante
il funerale i presenti parlarono, a bassa voce, delle illazioni che
nel corso delle infruttuose ricerche erano state fatte e ricordò che
lo stradino ebbe a dire:” Si era cominciato a pensare a una fuga
d’amore, anche se, dato il soggetto, pareva poco probabile, ma si
sa che il caldo gioca sempre degli scherzi e a lui purtroppo l’ha
giocato proprio brutto. E tutto per un pacchetto di sigarette.”.
E’
trascorso molto tempo, da allora, la moglie è andata ad abitare con
la sorella in un altro paese e credo che ben pochi abbiano memoria di
questa vicenda che ho voluto ricordare per la sua venatura di giallo,
un giallo senza assassini.
Da Storie
di paese
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