Addio a tutto questo
IL
LIBRO. L’autobiografia dello scrittore inglese
Graves,
una vita segnata dal sangue della prima guerra
Robert
Graves nella sua intensa autobiografia «Addio
a tutto questo» (Adelphi pp.398, euro 20, traduzione di
Annalisa Carena, con preziosa nota di Ottavio Fatica),
ci conduce sia all’interno delle celebri public school inglesi che
nelle tragiche trincee della prima guerra mondiale, dove un’intera
generazione di giovani venne brutalmente trucidata.
In
questa corposa lettura c’imbattiamo, quindi, nei primi ricordi
d’infanzia dell’autore, quando la crescita in una famiglia in cui
si mescolavano radici irlandesi, danesi e tedesche, fornì al giovane
Robert un ambiente nel contempo rispettoso delle tradizioni, ma
aperto al confronto e alla discussione, circostanza che regalò allo
scrittore una personalità fuori dagli schemi inamidati e
convenzionali. Fatto che gli creò in seguito delle difficoltà
con il rigido sistema educativo britannico, contrasto che si acuì
col passaggio alla scuola superiore di Charterhouse, dove l’amore
per lo studio e soprattutto la parentela germanica, poteva
inimicargli i compagni, in un periodo di anni difficili per le forti
tensioni estere. A dar sollievo al giovane Robert, la nascita di
sincere amicizie e la grande passione per la poesia, cui si aggiunse
la pratica del pugilato, espediente efficace per tenere lontani i
vessatori e gli aggressivi.
Lo
seguiamo anche nel suo primo amore platonico per un compagno più
giovane.
Alla
fine del liceo, sarà la guerra a far sentire la sua cruenta voce. Il
giovane si arruola volontario, nonostante provasse riserve nei
confronti del conflitto. E dopo un breve addestramento da ufficiale
nel valoroso corpo dei Royal Welsh Fusiliers, ed un difficile
servizio in patria, comincia l’avventura della guerra in trincea in
Francia, affrontando pericoli e soprattutto mortificazioni dal
conteggio implacabile delle perdite umane.
Il
giovane ufficiale avrà così modo di vivere la più disastrosa
guerra mai sperimentata prima dal genere umano, sostenuta anche dal
senso dell’onore e di fratellanza che si crea tra chi è vittima
dello stesso destino, consapevole della vacua propaganda
giornalistica. Sarà forte la depressione per il senso d’impotenza
nei confronti degli insensati massacri.
Anche
l’amicizia con il giovane Siegfried Sassoon, con cui condivide la
passione per la poesia, sarà un fugace sollievo, in mezzo alla morte
che incombe sui campi di battaglia. Il 20 luglio 2016, è una data
fatale per il giovane, ormai promosso capitano, quando riportò una
grave ferita ai polmoni. Inizialmente creduto morto, comparso nella
lista dei caduti, tornò su un treno ospedale a Wimbledon per la
convalescenza in patria.
Rischia
conseguenze, ritenuto pacifista.
Un
po’ di meritata tranquillità gli viene dal matrimonio con la
giovane Nancy Nicholson. L’armistizio del novembre 1918 e la
nascita di una prima figlia, lo spingono al congedo e alla ripresa
degli studi interrotti ad Oxford. Qui conoscerà altri personaggi
importanti della cultura inglese e farà amicizia con Thomas Edward
Lawrence.
Dopo
una sfortunata esperienza commerciale, le difficoltà economiche lo
spingeranno in Egitto, per un lavoro che non gli procurerà
soddisfazioni.
Il
capolavoro di Graves (1885-1985) è in sintesi un commiato alla
patria e ad un mondo che si è sbriciolato su campi di battaglia. È
l’addio di un’intera generazione che la guerra ha annientato.
Grazia
Giordani
Una bella recensione ad una autobiografia senz'altro di valore. La vita, quella dell'autore, indubbiamente segnata dall'esperienza della guerra, con tutto ciò che questa ha significato. Ha ragione l'autrice, "un’intera generazione di giovani brutalmente trucidata".
RispondiEliminaPiera