Suite
francese
Traduzione
di Laura Fausin Guarino
Edizioni
Adelphi
Narrativa
Collana
Biblioteca Adelphi
Pagg.
415
ISBN 9788845920165
Prezzo
Euro 20,00
Il
super capolavoro
Suite
francese é
un progetto letterario ambizioso con cui Irene Nemirovsky voleva
parlare della seconda guerra mondiale, vivendola giorno per giorno,
strutturato in cinque parti (Tempesta in giugno, Dolce, Prigionia,
Battaglie, La pace), di cui solo le prime due completate, poichè nel
luglio del 1942 fu arresta, in quanto ebrea, e deportata ad
Auschwitz, dove morì di febbre tifoide il 17 agosto dello stesso
anno. Restano quindi solo di questo poema sinfonico Tempesta
in giugno e Dolce,
pubblicati postumi in Francia nel 1954, sufficienti però per dare
un’idea di ciò che l’autrice voleva rappresentare. Sono entrambi
riportati in questa edizione di Adelphi, in cui è possibile cogliere
quella continuità che è propria appunto di una Suite. Tempesta
in giugno è
una serie di quadri con cui si rappresenta il caos magmatico che
segue all’invasione della Francia da parte dei tedeschi,
mentre Dolce ha
più la struttura di un romanzo, con una delicata storia d’amore
fra un ufficiale germanico e una signora francese, il cui marito è
stato fatto prigioniero. In entrambi i casi, sia pur con motivazioni
diverse, ci troviamo di fronte a qualche cosa che trascende il
cosiddetto capolavoro, tanto che non riesco a trovarne una
definizione, se non quella di super capolavoro. In particola in
Tempesta
in giugno i
vari quadri sono raccordati con una puntualità e una perfezione che
oserei definire incredibile; se ci sono dei personaggi emblematici
che danno corpo alla narrazione e sullo sfondo troviamo un’umanità
impazzita nella fuga, la cura del dettaglio è impressionante, senza
che tuttavia venga a costituire un appesantimento che possa nuocere
alla lettura. Tutto scorre veloce o lento, a seconda delle
circostanze, con descrizioni mirate, con una capacità di ricreare
l’atmosfera del momento che consentono a chi legge di vedere le
scene, come in un film. A ciò giova indubbiamente uno stile snello e
fresco, una frequente nota poetica che smussa, attenua la tensione
quel tanto che basta per scorgere gli eventi come una sequenza di
fotogrammi. Raramente mi é accaduto di imbattermi in una scrittura
così inappuntabile, così concisa e al tempo stesso completa, in una
sapiente concatenazione di ritmi senza che vi sia una nota stonata;
la sua non è una scrittura, ma La
Scrittura,
cioè il massimo che ci si possa attendere da un’opera letteraria e
se stupiscono e avvincono le trame dei singoli quadri, non si può
non porre in rilievo appunto la bellezza di questo stile che da solo
attira l’attenzione. Sono non pochi i personaggi principali, la cui
psicologia é analizzata approfonditamente e sono, per certi versi,
simboli di classi sociali, verso le quali la narratrice dimostra ben
poca simpatia, fatta eccezione per il grado più basso della
borghesia. Non è infatti un caso se rilucono i coniugi Michaud,
modesti impiegati di banca, legati da un tenero e incrollabile amore
che li porta a essere totalmente solidali nei momenti dolorosi e
nelle piccole e non frequenti gioie della vita; sono minuscole realtà
che, tuttavia, nel reggere se stessi finiscono con il reggere
l’intera umanità. É quindi solo l’amore - quell’amore che si
traduce in un sentimento di totale affetto e condivisione, che è
superiore a ogni ricchezza e bramosia di potere - a salvare il mondo,
concetto che è sorprendente ove si consideri che Irene Nemirovsky
era figlia di uno dei più grandi banchieri dell’epoca, un uomo
dalla ricchezza smisurata.
La
seconda parte, Dolce,
è in un certo senso più convenzionale, con questo lento
innamoramento che mai arriverà a un amore reciproco palesemente
manifestato, perché troppo grandi sono certe differenze, fra il
vincitore e la sconfitta, fra chi, prima di essere uomo, è soldato e
colei che, insoddisfatta del marito che si trova in prigionia, non
può tradire il suo paese e desidera avere un uomo vero. L’autrice
cesella le parole, riesce a rendere perfettamente questi insanabili
contrasti che in altre penne sortirebbero ridondanti di retorica, ma
che qui invece sono di grande semplicità e naturalezza in quanto
propri dell’esistenza.
A
qualcuno, come per esempio al sottoscritto, potrà risultare più
gradito Tempesta
in giugno,
ma comunque pure Dolce è
un romanzo di assoluto rilievo, una di quelle storie d’amore così
realistiche da non sembrare assolutamente frutto di creatività.
Resta
da chiedersi come averebbero potuto essere le altre tre parti, ma qui
entriamo nel campo delle congetture. Pertanto, l’analisi e il
giudizio è forzatamente limitato a queste due prime e mi pare di
aver evidenziato abbastanza compiutamente la loro importanza,
derivante da valori che non sono solo letterari, ma che si espandono
alla storia, alla filosofia e perfino alla sociologia; di ciò che
non non ha potuto scrivere, si può dire solo che di sicuro sarebbe
stato di estremo interesse.
Dire
che il libro sia meritevole di lettura finisce con l’essere un po’
riduttivo; più che consigliarla, credo invece sia mia dovere
raccomandarla, lasciandosi trasportare dal ritmo adottato dalla
narratrice; per le riflessioni c’è tempo, lasciatele a una
indispensabile e ancor più gratificante rilettura.
Irène
Némirovsky (Kiev,
11 febbraio 1903; Auschwitz, 17 agosto 1942).
Figlia
di un ricco banchiere ebreo, si trasferì con la famiglia in Francia
all’avvento del regime sovietico. Nella sua breve vita scrisse
numerosi romanzi di grande successo, sovente pubblicati postumi. Fra
questi si ricordano Suite francese, David Golder, I doni della vita,
I cani e i lupi, Il vino della solitudine e Il ballo.
Renzo
Montagnoli
Bellissima recensione, e grandissima lei, peccato sia morta così giovane, veramente è difficile dire quante belle cose avrebbe ancora potuto scrivere e noi leggere!
RispondiEliminaGrazie.
Piera