Il fascino indiscreto delle
giocatrici di pallavolo
di massimolegnani
Alfredo Carolli era
un depravato di piccolo cabotaggio, quasi innocuo, se non per quegli occhi
guizzanti, capaci di fantasia e oscenità senza limiti.
Da un’ora era seduto su una panca, in un corridoio male illuminato e dall’odore stantio. Nell’attesa che qualcosa accadesse, aveva cercato di riordinare le idee, ricostruire gli avvenimenti del pomeriggio, comprenderne la concatenazione. Ma era tutto così confuso, come fosse stato svegliato di soprassalto nel bel mezzo di un sogno; hai voglia poi di riannodare le fila, ricordare i personaggi, risistemare la trama! Se ti va bene, ti resta in mente l’essenza, quella sensazione precisa e vaga che il sogno ti voleva trasmettere. E lui di quel pomeriggio ricordava ben poco, a parte l’incanto. Come avrebbe potuto spiegare?
Si spalancò una porta e qualcuno pronunciò il suo nome, ordinandogli di entrare. Rimase seduto, inebetito, come fosse bastato quello a sottrarsi alle proprie responsabilità. Ma quando la figura in divisa al suo fianco s’alzò di scatto, lui fu costretto a seguirla, perché condivideva con questa un paio di manette, un polso per ciascuno. A quel punto, almeno, ricordò dove fosse.
Così fece il suo ingresso incerto nello stanzone, dove, davanti alla scrivania del maresciallo, c’era una sedia vuota. Altre sedie, a semicerchio, erano occupate da un gruppetto compatto di persone, che lui non osò guardare in faccia.
- Ecco il porco!- disse uno del gruppo, che fu subito tacitato dall’autorità costituita.
- Signori, vi prego di non intervenire se non quando vi interpello specificatamente. Ora voglio ascoltare la versione di questo signore.
Alfredo fu costretto a declinare le proprie generalità e quando gli fu chiesta la professione, rispose con un filo di voce, come fosse già questa un’ammissione di colpevolezza:
- Poeta.
- Poeta, un cazzo! Quello è…- gridò uno, barbetta nera e occhi fiammeggianti, forse lo stesso che gli aveva dato del porco. Ma venne zittito prima che finisse la frase.
- Signor Carolli, contro di lei ci sono accuse pesanti; le testimonianze di questi signori sembrano concordi e anche il verbale della pattuglia intervenuta sul luogo parla di violazione di domicilio, atti osceni, zuffa. Che ha da dire a sua discolpa?
Alfredo che esibiva un occhio pesto e varie ammaccature, provò a iniziare da lì:
- Beh, se prenderle e non riuscire a darle, significa partecipare a una zuffa, allora quest’accusa è vera.
- Non faccia lo spiritoso.
- Non era una battuta di spirito, commissario.
- Non sono un commissario di polizia. Questa è una caserma dei Carabinieri e io sono maresciallo. Chiaro? Mi dica piuttosto, lei era stato invitato a casa dei signori Peretti?
- No.
- E allora che ci faceva nel loro giardino?
- Guardavo la pallavolo.
- Come sarebbe a dire? Lei s’è introdotto di soppiatto nel giardino all’unico scopo di assistere ad una partita? Ma via!
- Maresciallo, lasci che le racconti. Passeggiavo lungo l’argine, quando ho sentito come uno squittire scomposto di cinciallegre, ha presente il canto eccitato e dissonante che fanno le cince all’alba?
- Macchè cince e ciance! Signor Carolli venga al sodo. Io devo decidere se trarla in arresto o denunciarla a piede libero e lei mi parla delle cince?
- Mi scusi. Era per spiegarle che fui attratto da un vociare allegro, femminile. E dall’alto dell’argine vidi che in un giardino poco lontano giocavano a pallavolo. Mi accostai alla siepe e per un po’ guardai da lì.
- Fin qui niente di rilevante. Ma a me interessa sapere che cosa ha da dire a sua discolpa, riguardo alle accuse.
- Giocavano sull’erba!
- E allora?
- A piedi scalzi.- aggiunse Alfredo sporgendosi in avanti, come se questo dettaglio contenesse una tale dose d’erotismo da giustificare qualunque gesto da parte sua. Ma il maresciallo lo fissò ringhiando.
- Avanti, Carolli, avanti.
- Signor maresciallo, attraverso la siepe non vedevo bene, mi perdevo l’attimo dello stacco da terra, sa quando la caviglia si tende, il polpaccio s’ingrossa, i glutei s’assottigliano e il corpo si libra in aria. La leggerezza della pallavolo…sì, ho capito, vado avanti. Insomma, dietro la siepe vedevo poco e male, così quando notai che non c’era altra recinzione, scivolai dentro, mettendomi tranquillo in un angolo. Loro mi avevano visto, ma nessuno disse niente, forse avevano capito che non avevo cattive intenzioni.
- Ma figuriamoci! L’avrei cacciato a calci, io, ma non ero a casa mia.
- Lei stia zitto, è la terza volta che interviene. E non è nemmeno il padrone di casa.
- Ma guardava la mia donna con due occhi da maiale.
Alfredo agitò la mano ammanettata in un gesto di diniego.
- No, no, niente di scorretto, seguivo il gioco e i corpi che saltavano e poi ricadevano sull’erba come piume.
- Senta Carolli, lei deve rispondere ad accuse circostanziate, atti osceni, tentata violenza, altro che piume!
- Faceva caldo e loro giocavano sotto il sole, poverette. Volti sudati, le magliette appiccicate alla pelle come fossero nude, nell’aria una tensione febbrile…
- Tensione sua o loro?
- Loro, loro. Io già avevo l’incanto. Stavo lì, in un angolo, a bocca aperta, soprattutto quando lei si avvicinava a me per la battuta. Doveva vederla come sfruttava l’arco naturale della schiena a mo’ di fionda. Lanciava la palla in aria e saltava inarcandosi, che ogni volta temevo si spezzasse. Flann! scaricava sul polso tutta l’energia accumulata e lasciava partire un tiro teso che poi seguiva con lo sguardo.
- Ma di chi sta parlando? Si spieghi. Della sua vittima, forse?
- Vittima?- chiese Alfredo sinceramente stupito.
- Sì, la ragazza su cui è accusato di aver compiuto atti di libidine violenta.
- Mia figlia, bastardo. Dovevo strozzarti subito, altro che denuncia.
- Lurido porco.- voci maschili e femminili s’intrecciavano in un linciaggio verbale.
- Maresciallo, non ci caschi. Questo bastardo fa l’ingenuo per commuoverla, ma è un viscido fetente.
- Basta! Non siamo al mercato. Vada avanti, Carolli.
- È che non mi sono più bastati gli occhi. La pelle lucida di sudore e quelle gambe nervose da gazzella, dovevo toccare con mano, sfiorare i muscoli, la pelle...ri-conoscere.
- Insomma, non nega di aver assalito la signorina Marta Peretti, tentando con destrezza di spogliarla?
- Mah, non saprei. Per me era già nuda, volevo solo sincerarmene.
Da un’ora era seduto su una panca, in un corridoio male illuminato e dall’odore stantio. Nell’attesa che qualcosa accadesse, aveva cercato di riordinare le idee, ricostruire gli avvenimenti del pomeriggio, comprenderne la concatenazione. Ma era tutto così confuso, come fosse stato svegliato di soprassalto nel bel mezzo di un sogno; hai voglia poi di riannodare le fila, ricordare i personaggi, risistemare la trama! Se ti va bene, ti resta in mente l’essenza, quella sensazione precisa e vaga che il sogno ti voleva trasmettere. E lui di quel pomeriggio ricordava ben poco, a parte l’incanto. Come avrebbe potuto spiegare?
Si spalancò una porta e qualcuno pronunciò il suo nome, ordinandogli di entrare. Rimase seduto, inebetito, come fosse bastato quello a sottrarsi alle proprie responsabilità. Ma quando la figura in divisa al suo fianco s’alzò di scatto, lui fu costretto a seguirla, perché condivideva con questa un paio di manette, un polso per ciascuno. A quel punto, almeno, ricordò dove fosse.
Così fece il suo ingresso incerto nello stanzone, dove, davanti alla scrivania del maresciallo, c’era una sedia vuota. Altre sedie, a semicerchio, erano occupate da un gruppetto compatto di persone, che lui non osò guardare in faccia.
- Ecco il porco!- disse uno del gruppo, che fu subito tacitato dall’autorità costituita.
- Signori, vi prego di non intervenire se non quando vi interpello specificatamente. Ora voglio ascoltare la versione di questo signore.
Alfredo fu costretto a declinare le proprie generalità e quando gli fu chiesta la professione, rispose con un filo di voce, come fosse già questa un’ammissione di colpevolezza:
- Poeta.
- Poeta, un cazzo! Quello è…- gridò uno, barbetta nera e occhi fiammeggianti, forse lo stesso che gli aveva dato del porco. Ma venne zittito prima che finisse la frase.
- Signor Carolli, contro di lei ci sono accuse pesanti; le testimonianze di questi signori sembrano concordi e anche il verbale della pattuglia intervenuta sul luogo parla di violazione di domicilio, atti osceni, zuffa. Che ha da dire a sua discolpa?
Alfredo che esibiva un occhio pesto e varie ammaccature, provò a iniziare da lì:
- Beh, se prenderle e non riuscire a darle, significa partecipare a una zuffa, allora quest’accusa è vera.
- Non faccia lo spiritoso.
- Non era una battuta di spirito, commissario.
- Non sono un commissario di polizia. Questa è una caserma dei Carabinieri e io sono maresciallo. Chiaro? Mi dica piuttosto, lei era stato invitato a casa dei signori Peretti?
- No.
- E allora che ci faceva nel loro giardino?
- Guardavo la pallavolo.
- Come sarebbe a dire? Lei s’è introdotto di soppiatto nel giardino all’unico scopo di assistere ad una partita? Ma via!
- Maresciallo, lasci che le racconti. Passeggiavo lungo l’argine, quando ho sentito come uno squittire scomposto di cinciallegre, ha presente il canto eccitato e dissonante che fanno le cince all’alba?
- Macchè cince e ciance! Signor Carolli venga al sodo. Io devo decidere se trarla in arresto o denunciarla a piede libero e lei mi parla delle cince?
- Mi scusi. Era per spiegarle che fui attratto da un vociare allegro, femminile. E dall’alto dell’argine vidi che in un giardino poco lontano giocavano a pallavolo. Mi accostai alla siepe e per un po’ guardai da lì.
- Fin qui niente di rilevante. Ma a me interessa sapere che cosa ha da dire a sua discolpa, riguardo alle accuse.
- Giocavano sull’erba!
- E allora?
- A piedi scalzi.- aggiunse Alfredo sporgendosi in avanti, come se questo dettaglio contenesse una tale dose d’erotismo da giustificare qualunque gesto da parte sua. Ma il maresciallo lo fissò ringhiando.
- Avanti, Carolli, avanti.
- Signor maresciallo, attraverso la siepe non vedevo bene, mi perdevo l’attimo dello stacco da terra, sa quando la caviglia si tende, il polpaccio s’ingrossa, i glutei s’assottigliano e il corpo si libra in aria. La leggerezza della pallavolo…sì, ho capito, vado avanti. Insomma, dietro la siepe vedevo poco e male, così quando notai che non c’era altra recinzione, scivolai dentro, mettendomi tranquillo in un angolo. Loro mi avevano visto, ma nessuno disse niente, forse avevano capito che non avevo cattive intenzioni.
- Ma figuriamoci! L’avrei cacciato a calci, io, ma non ero a casa mia.
- Lei stia zitto, è la terza volta che interviene. E non è nemmeno il padrone di casa.
- Ma guardava la mia donna con due occhi da maiale.
Alfredo agitò la mano ammanettata in un gesto di diniego.
- No, no, niente di scorretto, seguivo il gioco e i corpi che saltavano e poi ricadevano sull’erba come piume.
- Senta Carolli, lei deve rispondere ad accuse circostanziate, atti osceni, tentata violenza, altro che piume!
- Faceva caldo e loro giocavano sotto il sole, poverette. Volti sudati, le magliette appiccicate alla pelle come fossero nude, nell’aria una tensione febbrile…
- Tensione sua o loro?
- Loro, loro. Io già avevo l’incanto. Stavo lì, in un angolo, a bocca aperta, soprattutto quando lei si avvicinava a me per la battuta. Doveva vederla come sfruttava l’arco naturale della schiena a mo’ di fionda. Lanciava la palla in aria e saltava inarcandosi, che ogni volta temevo si spezzasse. Flann! scaricava sul polso tutta l’energia accumulata e lasciava partire un tiro teso che poi seguiva con lo sguardo.
- Ma di chi sta parlando? Si spieghi. Della sua vittima, forse?
- Vittima?- chiese Alfredo sinceramente stupito.
- Sì, la ragazza su cui è accusato di aver compiuto atti di libidine violenta.
- Mia figlia, bastardo. Dovevo strozzarti subito, altro che denuncia.
- Lurido porco.- voci maschili e femminili s’intrecciavano in un linciaggio verbale.
- Maresciallo, non ci caschi. Questo bastardo fa l’ingenuo per commuoverla, ma è un viscido fetente.
- Basta! Non siamo al mercato. Vada avanti, Carolli.
- È che non mi sono più bastati gli occhi. La pelle lucida di sudore e quelle gambe nervose da gazzella, dovevo toccare con mano, sfiorare i muscoli, la pelle...ri-conoscere.
- Insomma, non nega di aver assalito la signorina Marta Peretti, tentando con destrezza di spogliarla?
- Mah, non saprei. Per me era già nuda, volevo solo sincerarmene.
Alfredo si rese conto di essere spacciato. Non poteva negare nulla di quello che gli veniva addebitato, anche se nella sua testa gli sembrava che tutto fosse andato in altro modo. Avrebbe voluto parlare dell’innocenza della sensualità, del candore delle proprie mani e dell’omaggio che volevano rendere a quel corpo greco. Avete mai visto un’ortensia bianca?, avrebbe voluto chiedere, la forma splendida priva del richiamo troppo facile del colore, il bianco limpido che esso stesso si fa colore e non assenza? Avrebbe voluto trasfondere il suo sentire sul volto stupefatto dell’uomo in divisa e su quelli assatanati dei suoi accusatori, ma capì che era tutto inutile, nessuno avrebbe compreso il suo linguaggio. Il gruppetto ringhiava soddisfatto, cani che fiutavano l’odore del sangue. Il maresciallo faticava a mantenere l’ordine. Lui, spossato, era pronto alla resa.
Nel trambusto nessuno fece caso alla ragazza che, levatasi dal gruppo, si
stava avvicinando alla scrivania. Nel breve incedere sembrava davvero
una gazzella.
- Maresciallo, se ritirassi la denuncia, lo arrestate ugualmente?
- No. Non essendo coinvolti dei minori, si procede solo su querela di parte.
- Allora stracci la mia denuncia.
- Ma...perchè?- chiesero in coro le voci furibonde.
- Perchè in qualche modo io gli credo. È la pallavolo.- disse Marta sorridente, già sulla porta.
- Maresciallo, se ritirassi la denuncia, lo arrestate ugualmente?
- No. Non essendo coinvolti dei minori, si procede solo su querela di parte.
- Allora stracci la mia denuncia.
- Ma...perchè?- chiesero in coro le voci furibonde.
- Perchè in qualche modo io gli credo. È la pallavolo.- disse Marta sorridente, già sulla porta.
Racconto senz'altro originale con un finale inatteso.
RispondiEliminaAgnese Addari
Molto interessante la struttura data alla storia, quell'inizio lento e poi il racconto che si fa più serrato. Tutto è racchiuso nella parola pronunciata dal protagonista, quell'essere poeta dà una connotazione particolare all'insieme, ma non convince le persone pronte ad infierire. Poi la svolta, la "vittima" sarà l'unica a capire che nelle intenzioni dell'imputato non c'era nulla che veramente meritasse i violenti insulti dei presenti.
RispondiEliminaUn bel racconto scritto con ironia e delicatezza.
Piera