Foto da web
La
perdita della fede
di
Stefano Giannini
Potrei
esordire affermando che la perdita della fede è la peggior disgrazia
che possa capitare a un credente. Che la fede è un dono di Dio, e un
dono non si dovrebbe mai perdere o sciupare, che per conservarla si
deve ben “coltivare “ con la preghiera, frequentando la Chiesa ed
i Sacramenti, praticando la carità, approfondendo la conoscenza
delle Sacre Scritture ecc… ecc…. Quale cristiano
credente continuerei su questa strada se dovessi parlare della fede
in Dio, ma siccome in italiano la parola fede può anche significare
anello nuziale “fede nuziale”, è di quest’ultima “mia”
fede che in breve mi accingo a raccontare la storia.
Me
la infilò al dito medio della mano sinistra, com'è usanza
(spingendo forte perché non voleva entrare), mia moglie il 25
febbraio 1961 in una bella chiesa di Lucerna.
Per
qualche anno restò saldamente avvinghiata all’anulare. Poi, un
brutto giorno, per un ovvio motivo che dirò, me la sfilai dal dito e
la misi in tasca dei pantaloni. Fu un grave errore, perché a tarda
sera, cercandola, in tasca trovai solo il fazzoletto da naso e nulla
più. La grossa fede d’oro, al cui interno era incisa la data di
matrimonio e il nome “Antonietta”, era andata smarrita.
Alcuni
mariti “infedeli” si tolgono la fede prima dell’approccio con
un’altra donna fingendosi scapoli per meglio conquistarla, proprio
quell’atto sancisce l’intenzione del tradimento: togliere,
nascondere il simbolo dell’unione e della fedeltà giurata è come
sospendere momentaneamente un voto.
Ma
questo non fu il caso mio anche se mia moglie, in un primo momento,
può averlo sospettato.
Da
poco tempo ritornato definitivamente a casa dalla Svizzera dove ero
stato emigrante per dieci lunghi anni, pieno di nostalgia e
d’entusiasmo, quel fatidico mattino ritornai in campagna a rivedere
la mia vecchia casa dove sono nato, girai per i campi che la
circondano, mi soffermai a guardare le piante che avevo lasciato
dieci anni prima ora molto più alte. Notai, rattristato, il vecchio
ciliegio, che era stato il trampolino dei miei giochi di bambino,
spoglio e rinsecchito, ormai alla fine della sua vita, mentre le
piante di robinia lungo il “cavedale” erano da tagliare, e come
avevo visto fare tante volte da mio padre ogni tre/quattro anni, mi
accinsi, con sega e accetta a tagliarle alla base per farne pali di
sostegno e legna da ardere.
Fu
nello svolgere quel lavoro manuale che, avendo il palmo delle mani
alquanto delicato, per evitare la formazione di vesciche, tolsi la
fede dal dito dimenticandola in tasca, da dove durante la giornata,
avrei estratto più volte il fazzoletto da naso per asciugarmi il
sudore.
Fu
in quei frangenti che assieme al fazzoletto estrassi,
inavvertitamente, anche la fede, perdendola chissà dove.
Come
la perdita della fede in Dio, oltre ad essere una brutta disgrazia, è
anche causa di grande sofferenza, simile per me e mia moglie fu la
perdita della “vera” che ci eravamo scambiata nel più bel giorno
della vita.
Il
dispiacere più grande lo provò mia madre; la cercò e ricercò
inutilmente per mesi e mesi. Ripassò con pazienza certosina tutti i
percorsi che avevo fatto quel giorno, ripassò a testa china, palmo a
palmo tutti i diecimila metri quadrati del campo e tutti i siti in
cui avevo sostato con grande fiducia di ritrovare la “fede”. Ma
tutto fu vano !
Passarono
gli anni, tanti anni; il tempo mutò le cose: sul verde panorama che
osservavo dalla finestra sorsero come funghi tante case, lungo la
Valle avanzò inesorabile un grande nastro di cemento e asfalto,
lunghi viadotti stesi come lenzuola sopra il fiume che paziente li
sopporta. Anche sul mio viso e sui volti delle persone note e
conosciute il tempo aveva lasciato le sue indelebili “tracce”.
Grandi è piccoli eventi accaddero sulla terra, ed altri più o meno
importanti nel mio “piccolo mondo”: la crescita dei figli,
l’impegno nel lavoro, prima in fabbrica poi nel sociale e tutti gli
eventi del quotidiano che sono poi la vita.
Veloci
come il vento trascorsero trent’anni dal giorno della perdita della
fede nuziale.
Quando
perdemmo ogni speranza di ritrovarla, ne acquistai un’altra per non
stare senza il segno del matrimonio e per non cadere in eventuali
tentazioni.
Venne
il “tempo delle mele”, la fine d’ottobre del 1993 ; mentre
nell’orto ero intento a zappare delle piantine di fragole, mi parve
di notare un improvviso luccichio fra le zolle smosse, forse un
frammento di vetro …? Perché non accertarsi meglio ?
Pensai.
Chi
mai mi suggerì d’interrompere il lavoro di zappatura e, con le
mani, frugare in terra alla ricerca dell’oggetto luccicante ? Cosa
trovo fra quelle umide zolle ? Ma sì, la mia fede,; inalterata,
intatta, bella, lucida, come nuova.
Erano
trascorsi 29 anni e sei mesi dal giorno che l’avevo perduta.
La
gioia fu grande per tutti in famiglia: si fece festa tutto il giorno
e col passaparola il fatto finì sui giornali. Nella cronaca locale
il Resto del Carlino e la Stampa titolarono : “Perde
la fede e la ritrova dopo 30 anni”
- “Perde
la fede e lo va a dire a Magalli “.
Sì, perché lo stesso giorno della pubblicazione sul giornale,
arrivò dalla Rai di Roma una telefonata che ci invitava ad andare a
raccontare la storia della fede in una trasmissione televisiva di Rai
Due chiamata “I Fatti Vostri”, condotta appunto dal Sig. Magalli,
la cui redazione aveva letto lo strano fatto sui giornali.
Il
giorno 25 novembre 1993 io e Antonietta eravamo a Roma a raccontare
tutta la storia in diretta su Rai Due, con curiosità e meraviglia
nostra e dei quattro milioni di spettatori che ci seguirono in TV.
Fu
una bella e indimenticabile esperienza. Furono due giorni di intense
emozioni. Oltre che gli studi televisivi e le telecamere puntate su
di noi, ammirammo i più noti monumenti della città : San Pietro, la
Cappella Sistina, i Muse Vaticani, i Fori Imperiali e tante altre
meraviglie della Città Eterna. Quel viaggio, non programmato, ci
parve ancor più bello e ricco dell’antico viaggio di nozze.
Il
ritrovamento della fede, creduta smarrita per sempre, fu sicuramente
di buon auspicio per altri altrettanto meravigliosi, importanti e
magnifici eventi che a breve avrebbero seguito quell’inaspettato
ritrovamento, come la nascita di tre meravigliosi nipoti :
Beatrice, Ophelia e Leonardo.
Dopo
questa esperienza auguro che nessuno abbia a perdere la “fede”,
sia quella in Dio che quella nuziale, perché è rarissimo si possano
poi ritrovare.
Gradevolissimo racconto, direi quasi una fiaba a lieto fine! Evento che meritava proprio di essere raccontato in tv. Complimenti!
RispondiEliminaGiovanna
Grazie Giovanna...! Il mio cruccio era se, una storia vera, ma non ecclatante, meritava o meno di essere pubblica in questo bel sito di "arteinsieme".Col tuo commento mi sollevi dal dubbio. Spero sia piaciuta anche al ns. poeta e conduttore, Renzo Montagnoli, che ringrazio. Stefano G.
EliminaUn racconto che si legge con grande piacere. Purtroppo anch'io ho perso la "fede", mi è stata rubata, insieme ad altri oggetti molto cari, diversi anni fa, impossibile ritrovarla. Ne ho acquistato una nuova, ma non è la stessa cosa.
RispondiEliminaBello che questa storia si sia conclusa nel migliore dei modi, sia pure dopo tantissimi anni.
Grazie all'autore e a Renzo per avercela proposta.
Piera