domenica 28 agosto 2016

La perdita della fede, di Stefano Giannini


                                                    Foto da web




La perdita della fede
di Stefano Giannini
 
 
 
Potrei esordire affermando che la perdita della fede è la peggior disgrazia che possa capitare a un credente. Che la fede è un dono di Dio, e un dono non si dovrebbe mai perdere o sciupare, che per conservarla si deve ben “coltivare “ con la preghiera, frequentando la Chiesa ed i Sacramenti, praticando la carità, approfondendo la conoscenza delle Sacre Scritture ecc… ecc…. Quale cristiano credente continuerei su questa strada se dovessi parlare della fede in Dio, ma siccome in italiano la parola fede può anche significare anello nuziale “fede nuziale”, è di quest’ultima “mia” fede che in breve mi accingo a raccontare la storia.
Me la infilò al dito medio della mano sinistra, com'è usanza (spingendo forte perché non voleva entrare), mia moglie il 25 febbraio 1961 in una bella chiesa di Lucerna.
Per qualche anno restò saldamente avvinghiata all’anulare. Poi, un brutto giorno, per un ovvio motivo che dirò, me la sfilai dal dito e la misi in tasca dei pantaloni. Fu un grave errore, perché a tarda sera, cercandola, in tasca trovai solo il fazzoletto da naso e nulla più. La grossa fede d’oro, al cui interno era incisa la data di matrimonio e il nome “Antonietta”, era andata smarrita.
Alcuni mariti “infedeli” si tolgono la fede prima dell’approccio con un’altra donna fingendosi scapoli per meglio conquistarla, proprio quell’atto sancisce l’intenzione del tradimento: togliere, nascondere il simbolo dell’unione e della fedeltà giurata è come sospendere momentaneamente un voto.
Ma questo non fu il caso mio anche se mia moglie, in un primo momento, può averlo sospettato.
Da poco tempo ritornato definitivamente a casa dalla Svizzera dove ero stato emigrante per dieci lunghi anni, pieno di nostalgia e d’entusiasmo, quel fatidico mattino ritornai in campagna a rivedere la mia vecchia casa dove sono nato, girai per i campi che la circondano, mi soffermai a guardare le piante che avevo lasciato dieci anni prima ora molto più alte. Notai, rattristato, il vecchio ciliegio, che era stato il trampolino dei miei giochi di bambino, spoglio e rinsecchito, ormai alla fine della sua vita, mentre le piante di robinia lungo il “cavedale” erano da tagliare, e come avevo visto fare tante volte da mio padre ogni tre/quattro anni, mi accinsi, con sega e accetta a tagliarle alla base per farne pali di sostegno e legna da ardere.
Fu nello svolgere quel lavoro manuale che, avendo il palmo delle mani alquanto delicato, per evitare la formazione di vesciche, tolsi la fede dal dito dimenticandola in tasca, da dove durante la giornata, avrei estratto più volte il fazzoletto da naso per asciugarmi il sudore.
Fu in quei frangenti che assieme al fazzoletto estrassi, inavvertitamente, anche la fede, perdendola chissà dove.
Come la perdita della fede in Dio, oltre ad essere una brutta disgrazia, è anche causa di grande sofferenza, simile per me e mia moglie fu la perdita della “vera” che ci eravamo scambiata nel più bel giorno della vita.
Il dispiacere più grande lo provò mia madre; la cercò e ricercò inutilmente per mesi e mesi. Ripassò con pazienza certosina tutti i percorsi che avevo fatto quel giorno, ripassò a testa china, palmo a palmo tutti i diecimila metri quadrati del campo e tutti i siti in cui avevo sostato con grande fiducia di ritrovare la “fede”. Ma tutto fu vano !
Passarono gli anni, tanti anni; il tempo mutò le cose: sul verde panorama che osservavo dalla finestra sorsero come funghi tante case, lungo la Valle avanzò inesorabile un grande nastro di cemento e asfalto, lunghi viadotti stesi come lenzuola sopra il fiume che paziente li sopporta. Anche sul mio viso e sui volti delle persone note e conosciute il tempo aveva lasciato le sue indelebili “tracce”. Grandi è piccoli eventi accaddero sulla terra, ed altri più o meno importanti nel mio “piccolo mondo”: la crescita dei figli, l’impegno nel lavoro, prima in fabbrica poi nel sociale e tutti gli eventi del quotidiano che sono poi la vita.
Veloci come il vento trascorsero trent’anni dal giorno della perdita della fede nuziale.
Quando perdemmo ogni speranza di ritrovarla, ne acquistai un’altra per non stare senza il segno del matrimonio e per non cadere in eventuali tentazioni.
Venne il “tempo delle mele”, la fine d’ottobre del 1993 ; mentre nell’orto ero intento a zappare delle piantine di fragole, mi parve di notare un improvviso luccichio fra le zolle smosse, forse un frammento di vetro …?  Perché non accertarsi meglio ? Pensai.
Chi mai mi suggerì d’interrompere il lavoro di zappatura e, con le mani, frugare in terra alla ricerca dell’oggetto luccicante ? Cosa trovo fra quelle umide zolle ? Ma sì, la mia fede,; inalterata, intatta, bella, lucida, come nuova.
Erano trascorsi 29 anni e sei mesi dal giorno che l’avevo perduta.
La gioia fu grande per tutti in famiglia: si fece festa tutto il giorno e col passaparola il fatto finì sui giornali. Nella cronaca locale il Resto del Carlino e la Stampa titolarono : “Perde la fede e la ritrova dopo 30 anni” - “Perde la fede e lo va a dire a Magalli “. Sì, perché lo stesso giorno della pubblicazione sul giornale, arrivò dalla Rai di Roma una telefonata che ci invitava ad andare a raccontare la storia della fede in una trasmissione televisiva di Rai Due chiamata “I Fatti Vostri”, condotta appunto dal Sig. Magalli, la cui redazione aveva letto lo strano fatto sui giornali.
Il giorno 25 novembre 1993 io e Antonietta eravamo a Roma a raccontare tutta la storia in diretta su Rai Due, con curiosità e meraviglia nostra e dei quattro milioni di spettatori che ci seguirono in TV.
Fu una bella e indimenticabile esperienza. Furono due giorni di intense emozioni. Oltre che gli studi televisivi e le telecamere puntate su di noi, ammirammo i più noti monumenti della città : San Pietro, la Cappella Sistina, i Muse Vaticani, i Fori Imperiali e tante altre meraviglie della Città Eterna. Quel viaggio, non programmato, ci parve ancor più bello e ricco dell’antico viaggio di nozze.
Il ritrovamento della fede, creduta smarrita per sempre, fu sicuramente di buon auspicio per altri altrettanto meravigliosi, importanti e magnifici eventi che a breve avrebbero seguito quell’inaspettato ritrovamento, come la nascita di tre meravigliosi nipoti : Beatrice, Ophelia e Leonardo.
Dopo questa esperienza auguro che nessuno abbia a perdere la “fede”, sia quella in Dio che quella nuziale, perché è rarissimo si possano poi ritrovare.


3 commenti:

  1. Gradevolissimo racconto, direi quasi una fiaba a lieto fine! Evento che meritava proprio di essere raccontato in tv. Complimenti!
    Giovanna

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Giovanna...! Il mio cruccio era se, una storia vera, ma non ecclatante, meritava o meno di essere pubblica in questo bel sito di "arteinsieme".Col tuo commento mi sollevi dal dubbio. Spero sia piaciuta anche al ns. poeta e conduttore, Renzo Montagnoli, che ringrazio. Stefano G.

      Elimina
  2. Un racconto che si legge con grande piacere. Purtroppo anch'io ho perso la "fede", mi è stata rubata, insieme ad altri oggetti molto cari, diversi anni fa, impossibile ritrovarla. Ne ho acquistato una nuova, ma non è la stessa cosa.
    Bello che questa storia si sia conclusa nel migliore dei modi, sia pure dopo tantissimi anni.
    Grazie all'autore e a Renzo per avercela proposta.
    Piera

    RispondiElimina